E’ stato valutato se la rivascolarizzazione percutanea sia associata a benefici clinici nei pazienti con stenosi dell'arteria renale rispetto alla sola terapia medica.
Sono stati inclusi studi randomizzati e controllati che hanno confrontato la rivascolarizzazione percutanea in aggiunta alla terapia medica rispetto alla sola terapia medica nei pazienti con stenosi dell'arteria renale.
Sono stati inclusi 6 studi con 1.208 pazienti.
Ad un follow-up medio di 29 mesi, non vi è stato alcun cambiamento della pressione arteriosa sistolica ( differenza media ponderata WMD=1.20 mmHg ) o della pressione arteriosa diastolica ( WMD=-1.60 mmHg ) dal basale nel braccio di rivascolarizzazione percutanea rispetto al braccio di trattamento medico.
E’ stata riscontrata una riduzione nel numero medio di farmaci antipertensivi ( WMD: -0.26, P minore di 0.001 ), ma non di creatinina sierica ( WMD: -0.14 mg/dL ) nel braccio di rivascolarizzazione percutanea, alla fine del follow-up.
La rivascolarizzazione percutanea non è stata associata a una significativa differenza nella mortalità per qualsiasi causa ( rischio relativo RR=0.96 ), insufficienza cardiaca congestizia ( RR=0.79 ), ictus ( RR=0.86 ), o peggioramento della funzione renale ( RR=0.91 ), rispetto al trattamento medico.
In conclusione, nei pazienti con stenosi dell'arteria renale, la rivascolarizzazione percutanea renale in aggiunta alla terapia medica può portare a una minore necessità di farmaci antipertensivi, ma non a miglioramenti della creatinina sierica o degli esiti clinici rispetto al trattamento medico, nell’arco di un periodo intermedio di follow-up.
Sono necessari ulteriori studi per identificare la popolazione di pazienti con più probabilità di trarre beneficio dall’utilizzo della rivascolarizzazione. ( Xagena2011 )
Kumbhani DJ et al, Am Heart J 2011; 161: 622-630
Nefro2011 Chiru2011