La nefrotossicità dei mezzi di contrasto radiografici è una causa importante di insufficienza renale acuta, persino quando si adottano misure per ridurre questi effetti nocivi. Tali effetti tossici prolungano la degenza ospedaliera, aumentano il costo dell’assistenza sanitaria e possono risultare fatali. L’incidenza dell’insufficienza renale acuta indotta da sostanze di contrasto radiografiche, attualmente stimata al 50% nei pazienti con diabete mellito e nefropatie preesistenti sottoposti a sostanze di contrasto, rimarrà verosimilmente così elevata poiché l’uso di procedure radiologiche invasive per la diagnosi e il trattamento di malattie complesse è in continua crescita.
La prevenzione o attenuazione dell’insufficienza renale conseguente alla somministrazione di una sostanza di contrasto radiografica presenta indubbie difficoltà.
Diversi farmaci ( calcioantagonisti, antagonisti dell’adenosina e dopamina, Mannitolo, Furosemide, antagonisti recettoriali dell’endotelina ) sono stati impiegati per prevenire la nefrotossicità indotta da sostanze di contrasto senza risultati apprezzabili.
Solo l’Acetilcisteina ( NAC, principio attivo di Fluimucil ), assunta per os ( 1200 mg/die ) il giorno antecedente e il giorno in cui viene somministrata la sostanza di contrasto, ha dimostrato di prevenire l’atteso declino della funzionalità renale in tutti i pazienti con insufficienza renale moderata, e quindi ad alto rischio, sottoposti a tomografia computerizzata.
Ciascun paziente, considerando il rischio elevato, ha ricevuto soluzione fisiologica e una sostanza di contrasto non ionica, a bassa osmolalità ( tali sostanze inducono in misura significativamente inferiore una insufficienza renale acuta rispetto alle sostanze con osmolalità elevata ). E’ stato quindi possibile ipotizzare che gli effetti dell’N-Acetilcisteina sarebbero stati persino maggiori se queste misure preventive non fossero state assunte.
L’Acetilcisteina, un antiossidante contenente tiolo ( nota al grande pubblico perché rappresenta il principio attivo del Fluimucil ), è utilizzata nel trattamento di diverse malattie polmonari e nella terapia dell’avvelenamento acuto da Acetaminofene ( Paracetamolo, Tachipirina ). Recentemente è stata utilizzata con successo per attenuare gli effetti tossici di varie sindromi cardiache, renali, polmonari ed epatiche da ischemia-riperfusione clinicamente o sperimentalmente indotte. In ognuna di queste sindromi si ritiene che l’azione della Acetilcisteina sia correlata alla sua attività di spazzino dei radicali liberi, o come composto sulfidrilico reattivo che incrementa la capacità riducente delle cellule.
In primo luogo, l’Acetilcisteina può ridurre la capacità di danneggiare le cellule dei radicali liberi dell’ossigeno spazzandoli via come è stato osservato dopo l’infarto miocardico. Può inoltre incrementare gli effetti biologici dell’ossido nitrico associandosi ad esso per formare il 5-nitrosotiolo, che è una forma più stabile e un potente vasodilatatore. Questa interazione può altresì limitare la produzione del radicale nocivo perossinitrito, dato che l’N Acetilcisteina competerebbe con il radicale superossido per l’ossido nitrico. L’Acetilcisteina incrementa inoltre l’espressione della ossido nitrico sintetasi e può quindi migliorare anche il flusso sanguigno.
In ultimo, è importante considerare la risposta cellulare generica allo stress ossidante e l’effetto di inibizione della morte cellulare manifestato dall’Acetilcisteina in queste condizioni.
L’Acetilcisteina inibisce la morte cellulare indotta da lesioni di ischemia-riperfusione nel rene, nel fegato e nei polmoni , e dopo angioplastica mediante palloncino . L’Acetilcisteina promuove quindi le vie che portano ad una riparazione e a una sopravvivenza ogniqualvolta le cellule sono sottoposte ad uno stress ossidativo. Non è quindi sorprendente che l’Acetilcisteina abbia effetti salutari in molti casi di stress cellulare e insufficienza d’organo.
I risultati conseguiti da Tepel M e coll. ( N Engl J Med 2000; 343; 180-184 ) con l’N Acetilcisteina sono incoraggianti.
L’editoriale di Safirstein R et al ( N Engl J Med 2000; 343: 210-212 ) conclude: questo studio dovrebbe ravvivare l’interesse per questo composto ingannevolmente semplice; dovrebbe inoltre incoraggiare altri ricercatori a confermare questi risultati in un maggior numero di pazienti e ampliare l’uso della N Acetilcisteina nei pazienti con funzionalità renale ancor più gravemente compromessa. A questo proposito assumono particolare interesse i pazienti diabetici con funzionalità renale notevolmente ridotta, nei quali l’angiografia coronarica viene spesso ritardata a causa dei considerevoli rischi per la funzione renale legati a questa procedura diagnostica. Il basso costo dell’Acetilcisteina, la sua generale disponibilità e facilità di somministrazione, i suoi effetti collaterali limitati e l’importanza del problema sono tutte ragioni molto valide per proseguire tali studi. ( Xagena2001 )