E’ stata valutata l’incidenza, i predittori clinici e l’outcome ( prognosi ) della nefropatia indotta da mezzi di contrasto dopo intervento coronarico percutaneo ( PCI ) primario dopo infarto miocardico acuto.
La nefropatia indotta dai mezzi di contrasto è associata in modo significativo a morbidità e a mortalità dopo PCI.
I pazienti sottoposti a PCI primario sono a più alto rischio di nefropatia indotta da mezzi di contrasto soprattutto a causa dell’instabilità emodinamica.
Lo studio condotto da Ricercatori del Centro Cardiologico Monzino ha preso in considerazione 208 pazienti con infarto miocardico acuto, consecutivi, da sottoporre a PCI primario.
La nefropatia indotta dai mezzi di contrasto si è presentata nel 19% ( n = 40 ) pazienti.
Tra i 160 pazienti che al basale presentavano una clearance della creatinina superiore o uguale a 60 ml/min, solo il 13% ( n = 20 ) ha sviluppato la nefropatia indotta da mezzi di contrasto, mentre l’incidenza è salita del 40% ( n = 19 ) tra i soggetti con clearance della creatinina inferiore a 60 ml/min ( p < 0,0001 ).
All’analisi multivariata, i fattori indipendenti associati alla nefropatia indotta da mezzi di contrasto sono risultati essere: età superiore ai 75 anni ( OR: 5,28 ), infarto anteriore ( OR = 2,17 ), tempo alla riperfusione superiore alle 6 ore ( OR: 2,51 ), volume del mezzo di contrasto superiore a 300 ml ( OR = 2,8 ), impiego di palloncino intraortico ( OR: 15,51 ).
I pazienti che hanno sviluppato nefropatia indotta da mezzi di contrasto hanno presentato una più lunga permanenza in ospedale ( in media, 13 giorni versus 8; p < 0,001 ), un decorso clinico più complicato ed una maggiore incidenza di mortalità ( 31% versus 0,6%; p < 0,001 ). ( Xagena2004 )
Marenzi G et al, J Am Coll Cardiol 2004; 44: 1780-1785
Nefro2004 Cardio2004